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Quando si riceve una ferita fisica il corpo la ripara con una cicatrice, con un tessuto più duro e resistente, per difendersi meglio contro futuri attacchi.
Noi siamo portati a fare la stessa cosa con le ferite emotive. Formiamo cicatrici, talvolta “corazze”, attuiamo comportamenti di evitamento per autoproteggerci.
Come una cicatrice, la nostra difesa emotiva può crescere troppo e invece di proteggerci da una ferita, ci allontana da tutti, talvolta anche da noi stessi. All’opposto, può renderci più vulnerabili proprio a ciò che temiamo.
La persona con cicatrici emotive si vive come mal accettato, indesiderato, non capace e considera il mondo come ostile, eccessivamente richiedente. I suoi contatti con gli altri non sono basati sullo scambio reciproco, dare e avere, sulla cooperazione e collaborazione, ma sulla competizione, sulla difesa, sulla distanza. Non provando amore, fiducia e comprensione verso gli altri, il prezzo che paga è aggressività, frustrazione e solitudine.
Esistono 3 caratteristiche che ci rendono più resilienti rispetto alle ferite emotive:
- Avere una sufficiente stima di sé. Chi si offende facilmente, chi prevarica sente che piccole cose possono ferirlo. Attua comportamenti per far sapere all’altro che deve tenersi lontano: lontano dal dire cose che lo faranno soffrire, lontano dal fare azioni che lo porteranno a comportamenti aggressivi. Chi ha una stima di sé sufficientemente buona non si sente minacciato da piccole cose, o dalla presenza dell’altro.
- Essere responsabili e fiduciosi. Anche se chi ha una corazza non lo mostra, ha un cuore tenero che vuole essere amato e desidera fare affidamento sugli altri. La persona che si riveste di freddezza e di durezza lo fa perché sente di essere debole dentro e di aver bisogno di protezione. La persona che dipende dagli altri sente che la vita le deve amore, considerazione e stima. Richiede questo anche in modo irragionevole e si sente tradita, oggetto di torti, ferita quando questo non avviene. Chi si fida sinceramente di sé, e non solo di sé, sente di potersi fidare anche degli altri, non ha un bisogno impellente di essere amata e approvata. Si sente sicura di poter sopportare che un certo numero di persone non la ameranno, e approveranno. Si sente responsabile nella vita perciò agisce, dà, persegue ciò che desidera e non riceve passivamente i doni che la vita vorrà darle. E’ importante sviluppare un atteggiamento più fiducioso, assumersi la responsabilità della propria vita e delle necessità emotiva; cercare di dare amore, comprensione, approvazione.
- Potersi rilassare. Le sensazioni di offesa, rabbia ecc sono delle reazioni emotive agli eventi. Noi non abbiamo potere sull’emergere delle emozioni, ma possiamo decidere cosa fare con quello che proviamo. Ascoltarle, sentire che le emozioni sono lì per noi e non contro di noi, e poi agire per rispondere al bisogno che ci segnalano, porta ad uno stato di rilassamento. Le emozioni si sentono con il corpo. L’attivazione emotiva porta ad una tensione in qualche parte del corpo. Riconoscere quella tensione e rilassarla, aiuta anche a stare nell’emozione, senza venirne per forza feriti. Può essere utile imparare il Training autogeno, la Mindfulness, praticare yoga.
Cosa si può fare per le vecchie cicatrici emotive che si sono già formate?
Innazitutto si deve capire per quale ferita emotiva soffriamo. Può essere una o più di una. Le più diffuse sono: abbandono, tradimento, ingiustizia, rifiuto e umiliazione.
Il secondo passaggio consiste nel riconoscere le emozioni che più ci attivano rispetto alla nostra ferita e i pensieri negativi che facciamo su di noi e sull’altro.
Il terzo passaggio è rinunciare a vendicarsi direttamente, cioè ferendo a nostra volta l’altro, o indirettamente, cioè parlando male dell’altro, o con comportamenti passivo-aggressivi.
Rinunciare alla vendetta non calmerà le emozioni. L’unico modo per portare totalmente pace è perdonare ed elaborare emozioni e pensieri negativi.
Esistono alcune idee sbagliate su cosa sia il perdono. Le trovi in questi due brevi video.
Per perdonare si deve:
1 riconoscere che c’è stato fatto qualcosa che merita di essere condannato
2 imparare a distinguere le azioni dell’altro dall’intera persona
3 smettere di condannare anche se stessi col rimpianto, o con rimproveri
4 capire cosa ha portato l’altro a ferirci, quindi conoscere la sua storia e il suo
5 contesto riconoscere che come noi commettiamo errori, anche gli altri lo fanno. E’ bene pensare agli errori come qualcosa che è stato fatto, e non come qualcosa che fa la persona. Gli errori, le azioni non ci definiscono come persona.
6 scegliere di perdonare
Dr.ssa Luigina Pugno
Bibliografia:
R. Enright Il perdono è una scelta, ed. Salus Infirmorum
M. Maltz psicocibernetica, ed. Astrolabio (cap. 10)